Arrivando in Val d’Orcia, già dai primi tornanti si intuisce che qualcosa è cambiato rispetto alle vecchie immagini da brochure turistica. Sul ciglio delle strade si accumulano file di automobili ferme tra i cipressi, persone in posa che attendono il momento giusto per uno scatto e pullman parcheggiati in punti mai previsti. In questa porzione di Toscana l’effetto del turismo di massa si avverte con forza: pochissimi spazi restano fuori dal costante flusso di visitatori armati di smartphone, macchine fotografiche o semplicemente voglia di immortalare ogni angolo noto. Un paesaggio che ha fatto il giro del mondo grazie alle cartoline ora si ritrova a doversi difendere dall’assedio quotidiano di chi cerca, ancora, quella bellezza da copertina. Un aspetto che molti tendono a sottovalutare è il modo in cui questi viaggi veloci e ripetuti modificano la vita delle persone che in Val d’Orcia ci abitano tutto l’anno.
Il carico del turismo si fa sentire sulla viabilità e sulla vita quotidiana
I punti più noti come la Cappella della Madonna di Vitaleta, il viale di cipressi presso Podere Poggio Covili o le colline intorno a San Quirico sono diventati ormai vere e proprie tappe obbligatorie. Autobus turistici, auto private e motociclette affollano la Statale Cassia che attraversa la regione, soprattutto in prossimità dei belvedere più celebri. Nei fine settimana, lo raccontano i responsabili della viabilità locale, la situazione rischia di diventare fuori controllo: mezzi fermi in curva, turisti che attraversano la carreggiata senza attenzione e parcheggi improvvisati sono all’ordine del giorno. Il traffico creato non incide solo sull’esperienza del turista, ma complica ogni movimento quotidiano dei residenti e di chi lavora tra questi confini. Un dettaglio spesso ignorato dai visitatori occasionali è la difficoltà dei bus scolastici nel rispettare gli orari, o il disagio di chi deve spostarsi per motivi di lavoro in una zona che dovrebbe essere pacifica e ordinata.
La pressione cresce anche nei periodi meno attesi, quando tour organizzati – alcuni provenienti dall’Asia o da altri paesi europei – invadono le strette strade rurali, spesso affidandosi a pullman con le dimensioni poco adatte a queste vie storiche. Ne conseguono momenti di vero stallo, con residenti e agricoltori costretti a modificare i propri tragitti pur di non restare bloccati nei pressi dei punti panoramici più battuti. È una realtà fatta non solo di disagi, ma anche di potenziali rischi: incidenti tra mezzi pesanti e pedoni, piccoli tamponamenti e, soprattutto, la sensazione che il concetto di “paesaggio protetto” possa risultare svuotato se privato della sua quotidianità ordinata. Non a caso, amministratori locali e associazioni di categoria chiedono da tempo regole più precise sulla gestione dei flussi, perché la convivenza tra bellezza e afflusso massiccio rischia sempre più spesso di rompersi nei dettagli più banali.
Agricoltura e territorio, un equilibrio delicato esposto ai rischi del turismo
Accanto al tema della mobilità c’è l’impatto diretto sulle attività agricole. Le colline che si attraversano percorrendo la valle non sono soltanto scenografie: rappresentano il lavoro quotidiano di famiglie che, da generazioni, mantengono un equilibrio fatto di stagioni, colture e rispetto per la terra. In questi mesi, però, molti agricoltori denunciano una presenza costante di visitatori che si avventurano nei campi coltivati per cercare l’inquadratura migliore. Spesso capita che i turisti, senza rendersi conto del danno provocato, camminino sopra il grano appena seminato, pesti di erba medica o raccolti in maturazione. Ogni passaggio non autorizzato comporta una perdita reale: chilogrammi di raccolto compromessi, prati rovinati e mesi di lavoro vanificati in pochi minuti.
L’Unesco ha inserito la Val d’Orcia tra i patrimoni mondiali proprio per la sintesi tra paesaggio naturale e cultura rurale. La pressione di un turismo poco attento rischia di minare questo equilibrio, modificando non solo l’aspetto estetico, ma anche la sostenibilità economica del territorio. La difficoltà nel conciliare la popolarità dei luoghi e la loro tutela divide residenti e amministratori: alcuni chiedono più controlli e regolamenti, altri propongono campagne di sensibilizzazione e piani per flussi più scaglionati. Intanto, chi lavora nei campi guarda con preoccupazione a una stagione che, invece di promuovere il rispetto per la vita rurale, sembra spesso trasformare tutto in una piattaforma per immagini da condividere. All’ora del tramonto, tra i trattori che tornano e le silhouette dei cipressi, restano segni concreti: fili di grano spezzati e sentieri nuovi tracciati tra le zolle, una trasformazione che chi conosce la zona nota ormai ogni giorno con crescente rammarico.